Nel prossimo triennio gli Usa si trasformeranno da impero diretto in indiretto, con possibili vantaggi per l’Italia

 

Di Carlo Pelanda (25-10-2005)

 

 

Globosintesi. E’ lo scenario più difficile perché tenta di individuare, per un dato periodo, la direzione della storia. Lo si potrebbe chiamare, scherzando, Zeitgeist Outlook. Solo due think tank al mondo – in uno questa rubrica ha una cointeressenza - stanno investendo risorse per calibrarne la metodologia allo scopo di venderlo a grandi clienti. Di questi, potenziali, ce sono molti in America e Giappone, una decina in Europa, decrescenti, ma crescenti in Asia. Solo due eventuali, per rilievo globale, in Italia: Eni e Finmeccanica. Già questo è un dato di mercato che fa capire perché in Italia non si faccia grande scenaristica, pochi clienti, e perché l’offerta sia minima, con l’eccezione di Londra, anche in un’Europa sempre più irrilevante per passività ed introversione. Ma lo “spirito dei tempi” per il prossimo triennio potrebbe favorire in particolar modo i soggetti italiani ed è divertente svelarne un piccolo scampolo in italiano.  La storia sta svoltando perché gli Stati Uniti non hanno voglia di fare Impero. Negli anni ’90 non ci riuscirono per l’inconsistenza operativa di Clinton, ma la voglia c’era. Bush ha fatto impero dal 2001, ma senza voglia. Esaurita la reazione “necessaria” alla crisi del 2001 che ha portato l’America a proiettare globalmente e direttamente la potenza, ora l’Amministrazione Bush sta rientrando nella dottrina originaria dell’interesse nazionale: controllare il mondo perché i suoi guai poi alla fine ricadono sugli Usa, ma ricorrendo il meno possibile ad interventi diretti e più a quelli indiretti.  Persegue, cioè, una riconfigurazione imperiale meno faticosa e logorante. Ciò significa, tra le altre cose, che nei prossimi tre anni gli alleati dell’Impero diventeranno più importanti come strumenti di influenza indiretta. Ciò apre nuove prospettive nei settori chiave del potere mondiale: armi, petrolio/gas e finanza. La logica di influenza indiretta potrebbe favorire la formazione di industrie militari transcontinentali, per esempio un gruppo americano-europeo che possa includere aree dove la bandiera americana fa fatica ad andare: Russia ed India. Finmeccanica, sui cui successi c’è sempre più attenzione negli Usa, potrebbe trovare vantaggi in tale scenario derivato da quello macrodirezionale. L’Eni perfino di più: manca un gigante americano-europeo-russo per petrolio, gas e reti. In ambedue i casi l’elemento italiano è centrale, e quindi soggetto acquisitore, per il raccordo in due direzioni, America e Russia. Determinate dalla nuova configurazione imperiale: aquila a tre teste più Tokyo. E la finanza? Per saperlo bisogna pagare.  

Carlo Pelanda